ATM significa “bancomat” in inglese. Ma lo possiamo anche storpiare in “Aberrazione da Turismo di Massa”. Come nel caso di Malta. Ma procediamo con calma. A fine primavera 2013 ho ordinato una ragazza sudamericana su Internet. Un pacchetto tutto compreso: Milf, allegra, amante del samba e bonnevivante. Decidiamo d’andare a Malta per farle studiare l’inglese, tanto a me l’ubicazione lavorativa importa relativamente; anzi, mi manca il Mediterraneo. Inizio ad odiarla fin dai primi giorni, quando mi appioppa 50 kg cinquanta di valigie: chiedo da subito il rimborso del pacchetto. Ma in Brasile fanno orecchie da mercante. Poi, una volta a Malta, mi tira fuori che, per ovviare allo scandaloso sistema di trasporto pubblico locale, dovrebbero creare la metro (?); azzarda anche l’ipotesi che bambini, cani e sonnambuli guidino la macchina (in realtà si guida a sinistra, quindi il guidatore è “coperto” alla vista, se ci si trova al lato opposto rispetto alla macchina). Grazie a queste magie, inizio ad amarla.
Appena sbarcati alla Valletta, siamo colpiti dall’epica bellezza di questa città, ricolma di bastioni, torri di vedetta e mattoncini giallo deserto. Con il senno di poi, capirò che Valletta è davvero il gioiellino dell’isola, perchè il resto fa semi-schifo. Per il momento, comunque, ne chiedo un’opinione al ns. albergatore. “I Maltesi sono brutti, stupidi, sporchi e razzisti”, ci dice. Ringalluzziti dalle sue parole, gli chiediamo se l’isola si giri facilmente in bici. Lapidaria la risposta: “Per niente, qui la precedenza l’ha il mezzo di trasporto maggiore, quindi se siete in bici, bambini o animali, morirete in 0-2”. In realtà vogliamo solo farci la stagione a lavorare, quindi ci fermiamo 2-3 giorni alla Valletta per vedere come sarebbe viverci – pienissima di giorno, dopo le 19 manco i pachistani a venderti le birre prese dai tombini o dai bidoni dell’immondizia. Ci spostiamo allora a S.Julian, fulcro turistico dell’isola: una merda spiaccicata, a metà fra Las Vegas e Milano Marittima. Al solo nome, la pelle degli sgarbati che ci sono già stati si accapponerà di sicuro (i tamarri, invece, la ricorderanno con gaudio, visto che qui sono più diffusi della calvizie presso gli over 50). La vita notturna è orribile, piena di musica truzza e tipi che non hanno mai visto un pelo di topa. Le squinzie in realtà sono variegate: Malta è il secondo Paese al mondo (dopo, guess who? Gli Stati Uniti) per tasso di obesità, quindi le più grandi spronfondano in larderelli, tacchi 12 e abiti succinti che farebbero un migliore effetto su Platinette. Le più piccole invece si salvano, sia perchè mezze arabeggianti, sia per via delle gran tette in esposizione, un fattore che, in un’ Europa flagellata dalla crisi, spaccata dai nazionalismi e sconquassata da manovre correttive, beh, ha il suo perchè. Disperati, ci rifugiamo a Bugibba, a 10 km a nord. Non è malaccio, è tranqui&funky, piena di tradizioni 100% maltesi, come la colazione con uova e bacon, pinte di birra e karaoke. Più avanti con i lavori, scoprirò anche che i forni a Malta non esistono, così come non si mangia pesce e che il piatto più tipico è un rudimentale “pastizzi” (sfogliatella di ricotta). Inoltre, Malta è bella arida, senza fiumi, quindi senza agricoltura nè allevamenti, senza acqua corrente nè elettricità propria (ci pensiamo noi a rivenderglieli a prezzo maggiorato).
Di lavoro comunque ce n’è a pacchi: dopo 5 giorni, trovo un posto come cameriere a S. Paul’s Bay (dove si dice sia sbarcato San Paolo prima d’essere mandato a morire a Roma). Fare il cameriere può essere una grande professione se si lavora per riccastri, altrimenti: 1) si obbedisce agli ordini come pecore; 2) ci si scasina il ritmo dei pasti (per servire degli stronzi?); 3) si dice addio alle godurie di sempre (ciao fine settimana, ciao festività, ciao estate). Duro quindi due settimane, anche perchè la paga è di 4.5 euro l’ora, comunque superiore di un euro al minimo nazionale (ma è comunque pieno di persone che vengono qui a lavorare n.d.r.). Insomma, il lavoro abbonda, invero Malta è un paradiso per chi vuole farsi sfruttare. Specie in cambio di un’etica professionale scandalosa, vedasi il secondo lavoro da me trovato. Gran bazza. 5 ore al giorno, 25 a settimana, 5.5 euro l’ora, venditore di pacchetti turistici a 2 passi da casa. Il proprietario, da bravo mediterraneo, mette subito le mani avanti dichiarando di volere lavorare con me anche dopo l’estate (ma chi cazzo ti conosce?). Dopodichè, mi cambia i turni ogni 3×2, riduce le ore, chiama quando sono off, sfancula quando sono al lavoro. Cosa fa in questi casi una non-pecora? Fa presente che ha bisogno di calcolare lo stipendio mensile, i giorni liberi a disposizione etc. Nel giro di due ore un SMS m’informa del mio licenziamento per comportamento irrispettoso. Perchè a Malta vi chiederanno sempre d’essere flessibile, ossia prono a qualsivoglia richiesta, specie se indecente.
Se Malta fa schifo, la colpa sarà anche dell’ultracattolicesimo, che porta la gente a riprodursi a più non posso, perpetuando la loro infame cultura, ad avere legalizzato il divorzio solo 2 anni fa e a continuare a vietare la pillola del giorno dopo. Arrivo perfino a pensare che, visto che Malta è uno scopodromo, il business migliore sarebbe fare un caricone di pillole in Sicilia, tornare qui e venderle a 50 euro l’una: sai che affaroni. Invece spulcio il sito dell’agenzia interinale locale e m’imbatto in un’offerta di lavoro per cui richiedono attitudine per le vendite e Italiano+Inglese+Francese+Spagnolo. Paga: 5 euro l’ora. Groan… bombardo la mail di tale Awesome Ferries, che vende tragitti A/R per Comino, una perla di rara bellezza fra Malta e Gozo, mi chiamano alle 21.30, sono per caso a Bugibba, ci incontriamo. Sono 2 loschi figuri, grossi, cotti dal sole, che non si presentano e mi chiedono: “Which languages do you speak?”. Gliele snocciolo. “Do you want to work 6 hours per day, 9-15, every day?”. Confermo. “We’ll wait for you tomorrow, in Cirkewwa”. Che poi sarebbe il terminal per andare a Gozo. Uno si aspetta chissà quale borgo storico, chissà che città marinara; ovviamente, ci si ritrova davanti uno squallido piazzale cementato in mezzo al nulla, finanziato dall’Unione Europea. Il lavoro era però carinissimo: c’erano due “squadre”, Awesome e United. I capi si odiavano, i colleghi si amavano. M’aspettavo di vendere biglietti in un baracchino: tutt’altro. Per strada, dietro ad una linea. In due per squadra, all’arrivo di qualsiasi autobus, ci si sgolava in qualsiasi lingua pur di vendere un biglietto. Gli altri colleghi rimanevano nelle retroguardie per pescare chi non fosse già stato divorato. I targets preferiti erano i capigruppo e le donne, ossia chi detiene l’economia vacanziera. La regola era semplice: se un avventore prendeva un volantino, poteva parlare SOLO con chi gliel’aveva dato. La bagarre si scatenava quindi solo se una persona prendeva più volantini, o nessuno. A quel punto era genocidio: spintoni, offese ai familiari, sgambetti, si è anche arrivati ai pugni in faccia. Come spesso accade, i lavori peggiori sono anche i più divertenti.
Malta è stata croce e delizia: ad esempio, i coinquilini erano fantastici. Oscar, spagnolo, bianchissimo, gran maggiordomo, pluritatuato e capo ultras del Deportivo; Andrè, artigiano brasiliano, hippie dai piedi neri e callosi, mangiava più trips lui che Hoffmann da giovane. Ci sono anche stati pochi begli scorci da spizzare, tipo a Medina, Riviera Bay, Gozo, Comino e qualcun altro cui si è arrivati tramite le classiche zingarate alla rinfusa, dettate dall’imperativo istinto di non seguire la strada maestra. Ho scoperto che il Maltese sta all’Arabo, come l’Italiano sta allo Spagnolo: è l’unica lingua semitica presente in Europa, così come l’unica scritta in caratteri latini. E’ molto interessante dal punto di vista etnolinguistico: difatti, è un dialetto arabo farcito di italianismi che paiono scritti da bimbiminkia, sulla falsariga di vjagg, muzewu, gwerra, kwartier, bocci klabb, spazju, eziljati, immaculata concezzjoni, ambaxxata! Ma, nel complesso, non ho mai visto gente così sedentaria, le persone stanno in macchina per parlare, mangiare, vedere paesaggi… senza godersi quello che hanno attorno. La cultura maltese non è mai nata e l’isola deve al dominio inglese la propria sopravvivenza (inglese+commercio = delocalizzazione a basso costo+lavoratori internazionali+corsi di lingua+turismo+investimenti), L’isola è piuttosto arida e brulla, i monumenti sono davvero trascurati e non capisco come si faccia a chiamarla “la perla del Mediterraneo” (opinione che va per la maggiore fra inglesi – gente di pessimo gusto – e minorenni). Un plauso va fatto ai marketers maltesi, che trasformano quotidianamento un incubo in Eldorado.
Riassumendo, e qui mi lancio in una filippica, i problemi di Malta sono: 1) il trasporto pubblico; 2) l’ignoranza di questi isolani; 3) il fatto che tu sia straniero. Fino a qualche anno fa, gli autobus locali erano variopinti e puntuali; ora sono stati privatizzati e fanno schifo. Non sono mai puntuali, arrivano in ritardo o in anticipo. Mossa che potrebbe passare inosservata, se fossero frequenti. Inoltre, come rimarcato anche al punto 3, prevedono una doppia tariffa: per maltesi e per stranieri. I primi pagano un biglietto giornaliero 1.50 euro, gli altri 2.60 euro. I primi possono fare l’abbonamento mensile, i secondi no, a meno che non: 1) spiaccichino qualche parola in maltese e ingannino così gli autisti; 2) abbiano miracolosamente ottenuto il permesso di residenza maltese. Mi chiedo: perchè questa discriminazione? Perchè??? Ma andiamo avanti: negli autobus c’è l’aria condizionata. Condizionata dal tempo esterno. Fa freddo fuori, si gela dentro. Fuori si schiatta dal caldo, dentro si bestemmia. I tragitti sono progettati da un malato di Parkinson, dato che per 10 km di tratta ci vuole un’ora e mezza. Gli autisti sono selezionati secondo la loro propensione alla maleducazione, spesso non si fermano quando richiesto, volentieri ti trattano a pescinfaccia. Questo dialogo, realmente avvenuto, è un esempio lampante del punto 2 (immaginare di salire su un autobus con 20 euro, volete fare il biglietto e andare a lavorare).
“Buongiorno, un biglietto, per favore”.
“Non ho il resto”.
“Ho capito, come possiamo fare?”.
“Cosa ne so io, prendi quest’autobus ogni giorno, lo sai che non ho il resto (1: non lo sapevo; 2: lavori a con-tatto con il pubblico; 3: è colpa mia se non hai il cambio?).
“Facciamo pagare altre persone, non appena avrà il resto, pagherò il biglietto”.
“No, scendi e vai a farlo in biglietteria”.
“Ok, però aspettami, eh”.
“Va bene”.
A Malta sono proibiti e sanciti penalmente i “per favore”, “grazie” e “scusa”. Vado alla biglietteria, che è chiusa. La macchinetta non accetta i 20 euro. Risalgo sull’autobus, che se ne sta andando.
“Non avevi detto che mi avresti aspettato? Comunque sia, non sono riuscito a fare il biglietto”.
“Allora scendi e prendi il prossimo”.
“Il problema non cambia, e devo essere alle 9 a Cirkewwa”.
“(urlando a squarciagola) Sono cazzi tuoi! Ma pensa te, io faccio il mio lavoro, è colpa tua se non hai i soldi!”
Una signora s’impietosisce, mi cambia i soldi e li rigiro all’autista.
“Eccoli qua: si può anche essere più educati in casi come questi”.
“Fucking tourist”.
Voilà un riassunto della simpatia maltese. Le uniche persone simpatiche conosciute, in 4 mesi, sono state dei contadini, il resto sono una feccia umana disarmante, pronti a vendere la nonna sottoprezzo pur d’inculare un turista. Altro esempio riportatomi da un amico: immaginatevici. Volete andare a vedere uno spettacolo di delfini. Costo: 100 euro (gulp!). Acconto: 40. La comprate, vi dicono di presentarvi il giorno dopo per saldare il conto. Andate con la prevendita. Vi dicono che non è valida, che avreste dovuto comprare subito il biglietto da 100. O ripagate tutto, o perdete l’acconto. Questo modo di fare mi fa vomitare e rendere conto della biechezza dell’essere umano. Che poi Malta vive di turismo, quindi dovrebbe farne tesoro. Tutt’altro, qui mi sono imbattuto in una rozzezza culturale davvero allarmante, un crogiuolo di stupido e pacchiano che rasenta l’ignobile.
Siamo al punto 3: meglio uniformarsi a Malta, dato che l’alternativa è essere un reietto della società. Qui mi chiedo: fino a che punto è valida la parola Europa? Perchè, come appena detto, si pagano prezzi diversi per lo stesso prodotto, a seconda della nazionalità? Le donne sono esseri umani di serie B e servono solo a fini riproduttivi. Le persone di colore sono ghettizzate e in certi locali non li fanno entrare neanche dopo verifica del passaporto europeo! Bisogna sottolineare che Malta è geograficamente al limite del blocco occidentale, sarà per questo che il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo risulta loro così difficile (va bene dai, non iniziamo a dire che pure da noi i diritti sono bistrattati…). Ad esempio, non basta essere cittadino europeo, ma bisogna ottenere anche il permesso di residenza maltese. L’unica maniera è ricevere la “protezione scritta” di un parroco, medico o poliziotto e portare la richiesta (non si accettano invii) alla Valletta, dove vi attenderanno file imperiture. Ottenni la sponsorizzazione di un medico il quale, dietro compenso di 10 euro, affermò che “Andrea Marti bla bla è idoneo al permesso di soggiorno bla bla in base alla sua solida condotta morale”. Avrei voluto scompisciarmi dalle risate. Invece ho preso il tutto e mi sono fatto 4 ore di attesa alla Valletta. L’impiegata di turno mi ha salutato dicendomi che mi avrebbero fatto sapere. Il vuoto, il nulla per 2 mesi. Qualche giorno fa ricevo una mail che m’informa dell’esito positivo della mia application. Ma che m’importa, non voglio mai più vivere a Malta. Mentre rimuovo un pelo dal mio naso, lunghissimo e albino, penso fra me e me che non vedo l’ora di finire di scrivere quest’articolo per fare CTRL+C e inviarlo alla Valletta.
Andrea Marti